lunedì, aprile 27, 2015

T'imparo l'italiano - Vol. 1

Circa 150 lune piene fa, nel mio personale vocabolario la parola "amore" faceva rima con "cuore" e non solo con "per favore".
La ragazzetta cui all'epoca usavo stringere le mani subiva il fascino della parola "abbacinante", probabilmente perché se non ricordo male viene utilizzata all'incirca quattro volte nella traduzione italiana de Il signore degli anelli, che a quei tempi mi presi la briga di leggere; questo quando essere nerd voleva dire essere socialmente attivi come uno che si prende la briga di leggere "Il signore degli anelli" facendo attenzione a quante volte compare la parola "abbacinante".
Essa è più o meno nota nel nostro idioma per essere sinonimo di "intensamente luminoso, abbagliante": effettivamente dà quasi l'idea di essere immerso nella luce, un po' come quando l'arcangelo Gabriele annuncia a Fantozzi che darà alla luce il Messia.
In retrospettiva, l'aggettivo "abbacinante" ha origine proprio dal bacino, corpo concavo (bacinella anyone?), che veniva arroventato e messo davanti agli occhi di qualcuno fino a fargli perdere la vista a scopo di tortura.
Detto altrimenti, la differenza è tra "ooooh..." e "AAAAAAAAAAAAAAA".



lunedì, aprile 13, 2015

Bedrock

Gli uomini e le donne sono diversi.
Certo, l'abc è che i maschi hanno il pene, le femmine hanno la vagina, come disse il bimbo saputello al signor Kimble; il bimbo però lo diceva in un mondo che nonostante David Bowie e Leo Gullotta non era normalizzato ai travoni ed al diverso a tutti i costi, tipo la donna-Nino Frassica che ha vinto l'Eurosong contest o come si chiama l'anno scorso (ci siamo capiti comunque, il sanremo comunitario insomma). Voglio dire, in quel mondo lì che odorava di lacca per capelli, i metrosessuali facevano parte dello stesso insieme di Venn di chi per diletto si fa trivellare a Puerto Escondido: non si stava a spaccare troppo il capello.

Ma divago; gli uomini e le donne sono diversi, dicevo.

Bastano due giorni consecutivi di chiusura dei supermercati di zona per le festività pasquali ed eccomi in piena modalità di sopravvivenza; il razionale sottoscritto è inerme e deve lasciare spazio alla sua rapida ed arcigna controparte di uomo-cacciatore, al lizard brain: così dicono nel resto del mondo alludendo al portentoso istinto delle lucertole, alla capacità che questi rettili hanno di restare tramortiti sotto i poderosi colpi di scopa di mia nonna ogni-singola-volta che si arrischiano ad entrare in casa. Che-istinto-fenomenale, le lucertole.
Chi troviamo di peggio in natura? I maschi della vedova nera? I lemming? Almeno l'istinto suicida lì in quei casi è giustificato dalla sopravvivenza della specie.

Assodato che quanto a sopravvivenza lizard brain in italiano avrebbe la sua versione più corretta nella perifrasi "essere in grado d'intendere e volere come John Rambo sotto crack", il sottoscritto-cacciatore in questo stato di panico potenziato dal DNA terrone purosange, tra venerdì e sabato ha acquistato cibo a sufficienza da risolvere il problema della fame in un paio di villaggi del Burkina Faso.

Volendo analizzare la questione sotto l'aspetto genetico-ereditario, penso che il precedente più calzante sia stato quello della Notte di capodanno 2000. Il terrore di un capodanno in famiglia tra duemila parenti, trenini, "A-E-I-O-U-I-psilòn"? Carlo Conti di là da venire che quando sorride con quei denti bianchi sembra l'inquietante prodotto di punta della Kinder-Ferrero (con più latte e meno cacao)? Mi riferisco al millennium bug ed ai disarmanti effetti sulla psiche di mio padre: mentre il mondo celebrava all'italiana il capodanno nella tradizione fantozziana, noi in macchina avevamo pronte le coperte e cibo in scatola per far fronte alla distruzione imminente dello Y2K.

Solo e soltanto in questa sede, in cui la mia identità è relativamente ignota, ammetto che tra le altre cose ho comprato pure panna e fragole, indipendentemente da ogni scusa più o meno plausibile (non mangio fragole da anni, la panna mi ricorda le torte dei fratelli Marx, ho promesso al mio bisnonno che avrei mangiato 'sta roba da femmine mentre eravamo nel bosco a decapitare un cinghiale con una lima di cartone per le unghie e dopo essermi suturato uno squarcio nel petto col tappo di una bic ed un rocchetto di rame e zinco).

Solo e soltanto in questa sede posso ammettere di aver comprato della panna pronta; sbadatamente però non ho prestato attenzione al fatto che non fosse panna montata ("seeee, come no, sbadatamente, come se prima conoscevi la differenza tra panna montata e panna-e-basta").

Sono un cavernicolo moderno, mangio i fagioli già pronti da una lattina: figurarsi se ho uno sbattitore a casa per montare. Più o meno in un tempo in cui la Bessarabia era una regione indipendente e le strade in terra battuta erano l'avanguardia in fatto di infrastrutture tecnologiche, mia madre mi disse di aver lasciato a casa mia una frusta: in sottofondo nelle mie seghe mentali già suonava il tema di Indiana Jones. Povero stolto.


Ad ogni modo l'orgoglio cavernicolo impedisce di sprecare cibo: cosa mai ci vorrà a montare la panna con una frusta?
Dopo cinque minuti ho realizzato che ci sarebbe voluto più del previsto; dopo venti minuti ululavo bestemmie ad una cadenza di 5 improperi al secondo, con la postura rilassata di un gerarca nazista che imita Roberto Baffo ed il volto tramutatosi nella maschera orrorifica del viso di Giorgio Bracardi tra una pernacchia e l'altra.

In quest'era di spettacolarizzazione della cucina, il cavernicolo portò comunque  a casa il risultato grandioso della panna densa come schiuma da barba; panna dolce come intonaco liquido, visto che dimenticó di zuccherarla prima.

Anche in questi casi l'orgoglio cavernicolo è più resistente di un capo bianco candeggiato con ACE, incapace di essere strappato o sgualcito: ho indomitamente ingurgitato quantità nauseabonde di fragole accompagnate da cartapesta edibile.
Sono il nuovo volto dell'eroe della patria.