venerdì, giugno 26, 2015

Endovena chi viene a cena

Ho paura della gente che si avvicina per parlare, o peggio, per raccontare qualcosa.

Usavo monitorare con la coda dell'occhio un mio collega; lo vedevo avvicinarsi vivendo una separazione netta tra fisico e coscienza: (fuori) sorridevo mentre iniziava a parlare di grigliate domenicali e della perfetta temperatura in gradi celsius per un barbecue di carne a seconda della caramellatura desiderata per la bracioletta; (dentro) ogni passo del mio collega verso di me lo vivevo come un orangutan immobilizzato vivrebbe l'appropinquarsi allo scroto di un punteruolo rovente.


La scena dell'estrazione del cellulare dalla tasca della giacca per mostrare le foto delle grigliate, l'equivalente della criptonite: il tempo di capire cosa stesse succedendo ed era già troppo tardi - le ginocchia subivano una mazzata da dietro, ma l'obbligo morale era tenere gli occhi aperti e fingere interesse - un waterboarding di noia, annaspando per non andare in apnea da sonno.

Mi chiedo se facessi lo stesso effetto anch'io quando parlavo di musica.
Periodicamente anche oggi mi prende quella voglia di condivisione, il che è singolare visto che ho piuttosto a cuore la mia riservatezza. Il contrappasso sproporzionato è che adesso Youtube mi propone video di recensioni di un olio anticellulite dopo la rimozione di cookie ed opt-out vari.

Ho comprato una barca. Meglio: dopo un po' di ricerche, ho trovato e mi son comprato ...Una barca, e non mi esploso tra le mani dopo un attimo; neanche i Vakki Plakkula ne avevano più copie, a parte le loro personali, qualche anno fa.
La morale è che c'ho voglia di essere molesto.

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