lunedì, agosto 24, 2015

"WHOA! ARE YOU READY FOR NOTHING?"

Ah, il fascino dell'arte - con la "a" minuscola va bene uguale.
Copiavo fumetti e disegnavo mostri su blocchi di carta di mio padre, inventavo "canzoni in inglese" senza conoscere una parola una d'inglese, facevo casino con un organo elettrico Bontempi; e poi imitazioni e recite... L'intero campionario della cialtroneria insomma.
Gli artisti che mi piacciono hanno tutti il loro stile: Jimmy Chamberlin, il batterista, lo riconoscerei pure mentre sbatte un coltello contro un bicchiere incitando al discorso ad un matrimonio, per dire.
Non esistono errori veri nell'arte: se anche qualcuno dall'esterno dovesse realizzare che qualcosa non è come dovrebbe, Pravda comunica ufficialmente che è solo l'artista che ci mette il suo tocco creativo. Ecco: gli artisti hanno la possibilità di mettere il loro stile in quel che fanno, 'sti fortunati figli dei fiori.
Un medico sa bene che il suo stile deve essere "non fare crepare nessuno" a meno che non abbia una passione per le persecuzioni e la brutalizzazione del suo posteriore; se ordini una pizza, lo stile di consegna "ritardo da fuso orario + pizza freddina di caucciù" bene si sposa all'odio muto con eterno rancore; e quando chiedi al commercialista di tenere la contabilità, l'unico "come" ammissibile è quello che non trovi il suo epilogo in urla scimmiesche e occhi iniettati di sangue.
Se un alpinista monta male dei chiodi e/o dei fermi, è probabile che dalla lontananza si sentirà il suono delle ossa rotte come fossero cereali da sgranocchiare. Ci siamo capiti, insomma.
L'artista suppongo sia responsabile solo di quello che mette al mondo, nel bene e nel male, come il fruitore è responsabile del tempo che spende. Quanti sono gli artisti in grado di abortire o di pazientare e limare la loro opera, consapevoli e "rispettosi" del pubblico? Quanto ci si può fidare del livello di soddisfazione di un artista? Boh. Interrogativi insoluti.

* * * * *
Un paio di giorni fa sono andato in ospedale a trovare mio cugino; ad ognuno il suo: lui è il portabandiera della figaggine in famiglia, io sono piu il portabandiera del pagamento del canone RAI. Cuginofigo aveva il bacino fratturato e il fegato a pezzi dopo un incidente in moto, ed in giro per la stanza c'era sparso qualche disegno: di professione fa il tatuatore - o, se la parola richiama troppo l'umanità raffigurata da Bosch, chiamiamolo "ink artist".
Parlottando, Cuginofigo confessa che la sua scelta è stata naturale pensando che quella dell'ink artist era una professione in cui riusciva a vedersi indifferentemente ventenne o sessantenne. 

Lo guardo: no, non mi stava coglionando.
Come in uno degli ultimi post-vaccata si lasciava intendere, pensare ai sessantenni che conosco con moto, aghi, vestiti di pelle e piercing mi destabilizza. Sarà l'assenza dei pantaloni ascellari nel quadro. Cuginofigo però aveva i suoi disegni lì in ospedale, fra cui lo schizzo di un occhio che era proprio bello, e lo vedevo sereno per la sua vita. In sedia a rotelle e catetere ma sereno.
Saranno stati gli antidolorifici.
No, no, scherzo. Sereno.

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